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  • Oct 18, 2024 | gqitalia.it | Federico Sarica

    Cinque anni fa non lavoravo per GQ, di cui ho adesso pro tempore l’onore di dirigere l’edizione italiana, però mi ricordo molto bene di una sua copertina dell’epoca. Era il GQ americano, il primo di sempre e il più rilevante storicamente, e sotto la testata faceva bella vista Pharrell Williams, la star più multidisciplinare della nostra epoca, con una lunga mantella gialla a coprirgli il corpo e uno strillo che diceva: The New Masculinity Issue, ovvero il numero dedicato a una nuova mascolinità.

  • Oct 18, 2024 | gqitalia.it | Federico Sarica

    Credo che il mio primo incontro con GQ sia avvenuto qualche tempo dopo il suo arrivo in Italia nel 1999. Ne comprai una copia all’edicola di Porta Genova, a Milano, saranno stati i primi mesi del nuovo secolo, o giù di lì, e all’epoca tutto ciò che in qualche modo mi riportava agli Stati Uniti e al suo immaginario pop – la musica, i vestiti, le città, le riviste appunto – era per me motivo di attrazione.

  • Sep 18, 2024 | gqitalia.it | Federico Sarica

    Una delle chiavi per capire Milano, e per innamorarsene in qualche modo, è quella di fare propria l’idea che la sua vera cifra sia la modernità. Di cui la mondanità, con la quale viene spesso erroneamente scambiata, non è che una vivace conseguenza.

  • May 28, 2024 | gqitalia.it | Federico Sarica

    In un sabato di metà maggio ero seduto in una sala molto piena di un altrettanto molto pieno Salone del Libro di Torino. L’occasione era la presentazione del libro di Alessandro Michele, già direttore creativo di Gucci e oggi di Valentino, la persona che forse ha più cambiato la moda e la percezione di essa fra le nuove generazioni negli ultimi dieci anni.

  • Mar 6, 2024 | gqitalia.it | Federico Sarica

    Durante un panel dal vivo a cui ho assistito qualche settimana fa, l’attore Alessandro Borghi, alla domanda sul perché avesse accettato di interpretare Rocco Siffredi in Supersex, la serie dedicata alla vita della star del porno (su Netflix dal 6 marzo), ha confessato che all’inizio era convinto di dire «no, grazie». E lo era per il semplice fatto, ha detto, che «pensavo che l’Italia non fosse il Paese giusto per una serie su Rocco e su questi temi. E lo penso ancora».